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Ricostruire un centro destra

Stiamo perdendo mesi preziosi mentre il nostro Paese è in grandissima difficoltà. La mancanza di lavoro in tantissime famiglie, l’assenza di prospettive per molte imprese, l’insufficienza di risorse per troppe comunità nelle varie parti d’Italia stanno diventando insopportabili. Un numero crescente di italiani di ogni età, mestiere e formazione cerca futuro altrove. Ci ritroviamo di nuovo in recessione mentre quasi tutto il resto del mondo sviluppato ne è uscito. Fa paura dirlo, ma rischiamo un futuro di povertà.
Da troppo tempo non ci accorgiamo di questo disagio crescente. Oggi la priorità sembra essere quasi esclusivamente quella delle riforme costituzionali che, per come sono state concepite, non risolveranno la paralisi gestionale del Paese, né favoriranno partecipazione e governabilità. Anzi, e questo è quello che dovrebbe spaventarci, mettono addirittura a rischio alcuni princìpi della nostra democrazia.
L’Italia, per rimettersi in moto, ha sicuramente bisogno di profonde riforme e di nuove regole istituzionali e giuridiche; ma senza un progetto Paese coraggioso, senza le persone capaci di elaborarlo e realizzarlo, non si potrà “cambiare verso”. La politica degli ultimi anni non è stata all’altezza del compito ed è in buona parte responsabile dello stato di salute del Paese. Se pensiamo che la riforma della politica passi semplicemente attraverso il taglio (di forma) di qualche poltrona, ci sbagliamo di grosso e rischiamo di pregiudicare definitivamente le nostre prospettive.

In questo difficile contesto, credo che Grillo abbia svolto negli ultimi anni un ruolo comunque importante. Con le sue provocazioni ha rotto degli schemi, ha gridato che «il re è nudo» e ha contribuito a scardinare meccanismi che imbrigliavano da troppo tempo le nostre istituzioni. Altro però non gli riconosco: credo nella politica costruttiva e non nel populismo contro tutti, improvvisato e di solo sfogo.
Anche Renzi ha dato un grande contributo al rinnovo della politica: sta dando ritmo ed energia e una nuova identità al Centrosinistra, ha ricompattato, grazie a uno stile diretto e inclusivo, milioni di italiani desiderosi di novità e di decisionismo. La forma che ha saputo dare al suo progetto è sicuramente accattivante, i titoli spesso condivisibili, sa usare linguaggi di comunicazione molto diversi ed efficaci. Ma più di tutto, ha saputo prendere il controllo dell’unica vera forza partitica organizzata su tutto il territorio, il Pd, traghettandolo nel Partito Socialista Europeo.
In Renzi però non credo. Non gli riconosco la capacità e la volontà di portare il profondo cambiamento del quale l’Italia ha bisogno: è un politico puro, che va dove i sondaggi lo conducono, con grandissimo cinismo in tutto, pronto a dispensare promesse che spesso non mantiene. La sua insofferenza per la competenza e l’esperienza lo porta a circondarsi di persone non all’altezza del compito, proprio in un momento in cui le cose da fare sono difficilissime. Considero pericolosa la sua propensione a indebolire tutti i corpi intermedi e a concepire la leadership come rapporto diretto tra leader e popolo, con una visione della politica – tutta domestica – ridotta a pura comunicazione che rischia di scadere in forme patologiche di demagogia. Vecchia politica, da rottamare.
Non credo al Partito della Nazione che Renzi ha in mente: credo piuttosto in una democrazia matura con due grandi forze, entrambe con vocazione maggioritaria, che si contendano il consenso per avere la responsabilità di governare il Paese. Non si tratta solo di riorganizzare una metà campo dello schieramento, quella del Centrodestra, bensì di rifondarla per riconquistare un’ambizione di successo che sembra perduta. Diciamolo chiaramente: un nuovo progetto Paese e una rinnovata capacità di guida non possono venire semplicemente riassemblando vecchie sigle o modificando l’ordine degli addendi di costruzioni politiche che appartengono al passato. Sigle partitiche sempre più lontane tra loro ma che sembrano lavorare a favore del Partito della Nazione di Renzi, chi attraverso l’asservimento esplicito al Governo, chi attraverso l’asservimento di fatto, chi attraverso radicalismi in stile lepenista.

Possiamo ricostruire un’alternativa efficace a tutto questo. Ricominciamo dai valori e dai principi liberali e popolari a cui l’area tradizionalmente di centrodestra si è sempre ispirata: c’è una maggioranza di elettori che vuole più sostegno per la famiglia, più facilità di intrapresa, minori tasse a fronte di uno Stato meno pervasivo ma più efficace, più investimenti pubblici – soprattutto in istruzione e sicurezza – e meno spesa corrente, più libertà di scelta per i cittadini nella loro vita di ogni giorno e maggiore libertà di autorganizzarsi nelle tante forme del Terzo Settore, più spazio e sostegno alle donne, welfare efficace e con meno abusi, forza e determinazione nel combattere corruzione e criminalità, più autorevolezza in Europa e nel mondo.
Gli stessi protagonisti del Centrodestra hanno denunciato nelle settimane scorse, il bisogno di restituire credibilità al loro progetto politico. Il tema della credibilità e della fiducia mi pare essere proprio il cuore della questione. I protagonisti di quel mondo hanno contribuito in passato con le loro idee, la loro energia e i loro modelli di riferimento a un gran sogno di modernizzazione del nostro Paese, con una promessa di libertà e di merito che per molti anni ha conquistato tantissimi italiani. La delusione per la mancata realizzazione di quella promessa ha spezzato un patto di fiducia con gli elettori. E da qui dobbiamo ripartire, pronti a costruire un progetto, questa volta sì, concreto e fattibile. Un piano di soluzioni per un’Italia dove convivano competitività e coesione sociale, la cultura della libertà individuale e del merito, e la solidarietà per i più deboli in una visione moderna di sviluppo sostenibile. Come ho già detto in altre occasioni non credo nell’ennesimo – e francamente inutile – partito di centro che si barcamena in politiche di miopi alleanze con il miglior offerente.
La delusione di aver visto la fiducia di milioni di italiani tradita ha rafforzato in me la volontà di assumere una responsabilità diretta in politica per cambiare le cose. Sono convinto che dobbiamo rifondare il Centrodestra con grande ambizione, chiamando a raccolta le migliori esperienze della società civile, dell’amministrazione pubblica e della stessa politica. Puntando a costruire un partito moderno che miri alla maggioranza senza accettare alleanze di compromesso né fusioni con vecchi protagonisti della seconda repubblica. Nel Paese c’è una grande domanda per un’alternativa al Centrosinistra di Renzi. A questo impellente bisogno di nuovo, credo che noi possiamo dare risposta.
Può sembrare velleitario pensare a un percorso così diverso da quello di Renzi che, politico a tempo pieno da più di 20 anni, ha guidato la sua personale rivoluzione dall’interno, prendendo il controllo del suo vecchio partito. Io penso che il patto da stringere per rifondare il Centrodestra non sia con i vecchi partiti, ma con i cittadini responsabili che si riconoscono in una cultura liberale e popolare. Credo che partire “dal basso” sia regola fondamentale, in politica come nelle grandi organizzazioni ed è infatti quello che ho sempre sperimentato anche nelle mie esperienze di lavoro. La silenziosa rivoluzione delle Poste, per esempio, non sarebbe stata possibile senza la creazione di una leadership diffusa e un’alleanza con le oltre 150.000 persone che vi lavoravano. Investire su di loro, renderli protagonisti di quel progetto e autori di quel cambiamento ha reso quella missione apparentemente impossibile una realtà.
I’idea che intendo diffondere non è da siglare nel buio delle stanze, ma alla luce del sole, con quell’Italia che si impegna ogni giorno per farcela: genitori, imprenditori, amministratori e dipendenti pubblici, professionisti, insegnanti, forze dell’ordine, operatori del Terzo Settore. Lo dico dopo mesi che sono in viaggio continuo per il Paese dove ho ritrovato l’Italia che conosco bene da tanti anni, ma soprattutto scoperto più da vicino i bisogni di un’Italia più silenziosa. Comunità spesso in ginocchio, ma piene di dignità e voglia di fare. Gente desiderosa di cambiare passo e sul serio.
Riconosco ai protagonisti del Centrodestra il ruolo che hanno svolto, ma anche le responsabilità che oggi su di loro gravano. Ora, però, è tempo di nuova leadership, di innovazione profonda in politica, di generosità non solo nel dedicarsi a rimettere a posto il nostro Paese ma anche nel far nascere il nuovo che manca.

Filippo Marra NCD

 
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